La caduta del re

Palermo, quartiere San Lorenzo, 16 gennaio 2023.

Via Domenico Lo Faso, una delle tante vie che circondano la clinica privata de La Maddalena, pare tranquilla, avvolta dall'atmosfera di un lunedì mattina invernale. Sono le 10 e qualcuno sta passeggiando per la via, chi per portare a spasso il cane e chi per andare a lavoro.

Ad un certo punto succede quello che forse nessuno si sarebbe mai aspettato: un reggimento di cellulari, furgoncini e militari armati fino ai denti si lanciano lungo la via. Alcuni poliziotti corrono dentro la clinica, altri rimangono fuori, con il fiato sospeso.

È solo poco dopo che la gente inizia a vedere la squadra in visibilio. Alcuni urlano, altri si abbracciano, altri ancora fanno concitate telefonate a casa. Qualcuno tra la folla ipotizza "Hanno preso qualcuno di grosso!", altri non hanno ancora capito cosa effettivamente stia succedendo.

Passa ancora qualche attimo, prima che un gruppetto di forze speciali e carabinieri esca dalla clinica scortando un uomo che pare sconsolato, con il capo chino e la consapevolezza che da lì a poco il mondo saprà cos'è appena successo.

"Chi è lei?" esclama eccitato uno dei militari che lo stanno accompagnando, ormai all'interno del furgoncino diretto al carcere di Palermo. "L'ho già detto" risponde lui scocciato "Sono... Matteo Messina Denaro".

La fine di un'era

Passerà meno di un anno, prima che l'ultima Primula Rossa, l'ultimo stragista dei corleonesi venga sconfitto anche dal tumore al colon che lo accompagna da anni, forse l'unico nemico che il superlatitante non è riuscito a battere o fregare.

"Se non era per la malattia non mi prendevate" affermerà qualche giorno dopo l'arresto, agli interrogatori.

È proprio qui che ci soffermiamo noi, sulla morte del possibile ultimo boss corleonese della storia di Cosa Nostra. E ora? Chi è il nuovo superlatitante a cui dare la caccia?

Breve storia di Cosa Nostra

La mafia siciliana ha probabilmente origine durante i primi governi italiani dopo Garibaldi, in un Meridione dimenticato dalla politica e sfruttato senza pietà dal Settentrione. È proprio in questi anni che nasce anche il nome di "mafia". Il termine "mafioso" significa "uomo coraggioso", a simboleggiare proprio quegli uomini prepotenti che fanno violenza, chiedono il pizzo e gestiscono, tra le tante cose, anche il traffico di droga.

Nel corso degli anni successivi cresce, diventa più forte (sempre con le stesse metodologie di guadagno e di azione), si espande anche all'estero ed estende la sua potenza persino durante la dittatura di Mussolini.

Sarà solo negli anni '80 che la mafia siciliana si spezzerà in due, causando una grossa e sanguinaria guerra interna da cui usciranno vincitori i boss corleonesi, tra cui gli stessi Riina e Provenzano. La loro politica è molto semplice: fare terrore, uccidere chi deve essere ucciso e porsi come nemici dello Stato.

È così che, sotto la guida di Totò Riina - definito da molti come "il capo dei capi" - si apre una sanguinaria finestra della storia mafiosa. L'ennesima forse, ma questa volta aperta all'esterno, tanto che dopo le varie operazioni stragiste (il cui apice diviene quella nei confronti dei magistrati Falcone e Borsellino), lo Stato Italiano avvia una campagna di repressione, tra arresti e ricerche, che finirà addirittura per indebolire i presupposti per cui i corleonesi erano saliti al potere.

Attorno agli anni '90 tutto cambia. Finalmente inizia la lunga operazione giudiziaria nota come "Maxiprocesso", che indebolirà molto l'organizzazione di Cosa Nostra (la chiamo Cosa Nostra perché è proprio in questi anni che le viene dato questo nome, grazie alle dichiarazioni dei pentiti Buscetta e Valachi). Qualche anno dopo viene arrestato anche Riina, tramite l’Operazione Belva. È la caduta del Capo dei Capi.

Anche all'interno dell'organizzazione qualcosa si smuove, soprattutto dopo l'arresto di Riina. Cosa Nostra si trasforma e frammenta. Si formano così due fazioni: da una parte ci sono quelli che vogliono proseguire con la strategia stragista degli anni precedenti, dall'altra coloro che ritengono tale politica inutile e controproducente.

Il compromesso tra le due fazioni è la salita al potere di Bernardo Provenzano, nuovo garante del potere corleonese, che consente di proseguire con le operazioni stragiste, ma solo al di fuori della Sicilia (ad esempio a Roma, con il tentato omicidio di Maurizio Costanzo).

Allo stesso tempo, nel corso degli anni successivi, la mafia siciliana diventa sempre più "inodore", specialmente dopo l'arresto dei Graviano. Provenzano, ormai libero dalla fazione stragista dei fratelli Graviano, la trasforma in una forza silenziosa, più incentrata sugli affari e molto meno sull'ostentazione della propria violenza. È una mafia che non si oppone più allo Stato, ma che anzi lo corrompe, collude e ne entra a far parte.

Questa politica interna prosegue anche dopo l'arresto di Provenzano nel 2006, nei pressi di Corleone, nonostante il potere dei corleonesi si stia affievolendo sempre di più.

L'apparente botta finale per il potere delle "Primule rosse" è nella fine del 2017, con la morte in carcere di Riina. Le indagini successive dei Carabinieri registrano grossi fermenti tra i mandamenti di Palermo e numerosi incontri tra gli uomini più potenti dell'organizzazione. La morte del Capo dei Capi è l'occasione definitiva per la riorganizzazione interna totale di Cosa Nostra.

Circa un anno dopo, in risposta a ciò, parte l'operazione Cupola 2.0. Si tratta una massiccia operazione investigativa che permette agli inquirenti di confermare la struttura verticale di Cosa Nostra, oltre che riconoscerne i principali nuovi vertici. In particolare esce il nome Settimino Mineo, gioielliere e capo-mandamento di Pagliarelli, arrestato il 4 dicembre del 2018 e considerato il nuovo vertice assoluto di Cosa Nostra.

Capi e ancora più capi

Basta fare una breve ricerca su internet per accorgersi dell'incredibile organizzazione gerarchica di Cosa Nostra. Non stiamo parlando di una semplice organizzazione criminale alla randomica ricerca di più denaro e potere possibile, ma di una vera e propria struttura organizzata tra potere, territori e importanza di individui e famiglie.

La gerarchia comprende le singole famiglie, raggruppate in mandamenti spesso legati ai diversi quartieri delle città più grosse. Ogni mandamento si rifà poi alla commissione provinciale di ogni città. Qui però le strade si dividono, dal momento che ogni provincia (Trapani, Agrigento, Catania, ...) si trova a sua volta al di sotto della commissione regionale di Sicilia. Questo però non avviene per la commissione provinciale di Palermo, che secondo alcuni sarebbe addirittura al di sopra della stessa commissione regionale.

Ogni famiglia, mandamento o commissione presenta poi un capo, un rappresentante che ne tutela gli interessi e che tiene i contatti con i "livelli superiori".

In cima a tutte le commissioni, poi, si pone la vera e propria "cupola", il vertice assoluto di tutta l'organizzazione. È qui che risiede il boss assoluto di Cosa Nostra (come poteva essere Riina o, ipoteticamente, Mineo), affiancato da 10/13 uomini d'onore (componenti giurati di Cosa Nostra) fidati.

Quella che possiamo vedere, quindi, è una struttura altamente verticale e piramidale, motivo per cui si parla spesso di "decapitazione della piovra", proprio ad intendere la cattura dei componenti più importanti della cupola (appunto, la "testa"). Tale struttura è anche uno degli elementi di distinzione principali di Cosa Nostra rispetto alle altre organizzazioni mafiose, come 'ndrangheta e Camorra, appunto prive di un sistema piramidale del genere.

L'elezione del re

Una delle cose per alcuni versi più assurde dell'organizzazione di Cosa Nostra è l'elezione "democratica" del boss, raccontata da numerosi pentiti. Ne è un esempio un po' diverso il potere corleonese, le cui elezioni erano state guidate per anni dalla tirannia di Riina.

Le dichiarazioni parlano di votazioni tra uomini d'onore per eleggere i vertici della cosca, riti vari e il famoso "bacio sulla fronte al padrino".

Il simbolo del bacio al boss è molto presente nella narrazione di Cosa Nostra, tanto che pure Andreotti, politico, scrittore e giornalista italiano esponente del partito Democrazia Cristiana, era stato accusato, tra le tante accuse di associazione mafiosa, di avere incontrato e baciato Riina. Lo stesso Riina però smentirà questa diceria con Alberto Lorusso, boss della Sacra Corona Unita, durante un'ora d'aria in carcere, pur ammettendo di avere incontrato Giulio Andreotti accompagnato dalla scorta.

Tra i vari riti vi è pure il celebre "rituale della punciuta", il quale corrisponde alla puntura del dito di un nuovo affiliato per farne uscire sangue, il quale deve essere versato sull'immagine di un santo in base alle tradizioni (spesso si tratta dell'immagine della Madonna dell'Annunziata, santa Patrona di Cosa Nostra). Il tutto è accompagnato da frasi e formule, del tipo «Possano bruciare le mie carni come questo santino se non terrò fede al giuramento», simbolo del legame di sangue a vita con l'organizzazione.

Ma Matteo Messina Denaro?

Se siete stati attenti avrete notato che nella storia di Cosa Nostra è stata omessa la presenza di Matteo Messina Denaro. Ma come? L'ultimo dei corleonesi, l'uomo più ricercato al mondo da 30 anni non aveva un'importanza fondamentale all'interno di Cosa Nostra? Perché Settimino Mineo era stato eletto boss assoluto se c'era ancora lui?

Una sufficiente risposta potrebbe essere quella del procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, che ha affermato che "I clan palermitani non accetterebbero mai di farsi guidare da un non palermitano. A cominciare da un trapanese".

È così che quindi Matteo Messina Denaro, esecutore fedele delle direttive di Riina e ultima figura dei principali boss corleonesi, risulta a detta di molti come "un boss di facciata", un uomo di potere dall'importanza più economica e visiva che propriamente politica, tanto che per i più non si sarebbe dovuto considerare il vero e proprio super boss di Cosa Nostra.

Infatti il boss trapanese, malvisto persino dagli uomini d'onore siciliani per il suo stile di vita libertino e per il suo distaccarsi dai tradizionali valori di Cosa Nostra (aveva divorziato e si definiva in maniera più o meno anti-cattolica, tra le tante cose), non rappresentava un potere paragonabile a quello di Riina o Provenzano, ma solo un'immagine carismatica e di spicco dagli ampi affari.

Nonostante questo è indubbio che il suo arresto abbia portato ad un vuoto di potere e ad un movimento interno, ma tuttavia "Non inciderebbe più di tanto sull'operatività dell'organizzazione nel suo complesso". Ne è una prova la dichiarazione della direzione investigativa antimafia al Parlamento del secondo semestre 2021, per cui "Matteo Messina Denaro resterebbe la figura di riferimento per tutte le questioni di maggiore interesse, per la risoluzione di eventuali controversie e per la nomina dei vertici delle articolazioni mafiose anche non trapanesi"

L'eredità di Matteo Messina Denaro

Quello che però Matteo Messina Denaro lascia con la sua morte è un giro di affari sommerso da circa 4 miliardi di euro, considerando tutti i sequestri che, secondo una stima della Banca d'Italia, un tempo ammontavano a centinaia di miliardi di euro.

È qui che entra in gioco Lorenza Alagna, figlia dell'ex latitante che aveva sempre rifiutato di avere legami con lui, andando a vivere con la nonna materna e la madre, da cui ha preso il cognome. Erano persino stati trovati dei pizzini del boss, nei quali si lamentava della distanza della figlia.

"Perché Lorenza non mi risponde? È arrabbiata con me?" afferma in uno di essi.

Lorenza ha incontrato formalmente Messina Denaro per la prima volta al carcere dell'Aquila, nell'aprile del 2023, per poi stargli vicino nel periodo finale della sua vita, in malattia.

È proprio in questo periodo di ricongiungimento che Lorenza Alagna compie un atto che ha alzato un polverone degno di nota: diventa Lorenza Messina Denaro. È lo stesso boss a firmare l'atto notarile per il cambio di cognome, forse per compiacerla o per premiare la sua vicinanza dell'ultimo periodo.

Non stiamo parlando di una mossa di natura amorevole o famigliare, ma una vera e propria azione politica ed economica. Ricordiamo che sono pur sempre di supposizioni, questo è vero, ma i pentiti sono stati molto chiari sui possibili scenari di questa mossa: ora Lorenza Messina Denaro ha tutte le carte in gioco per prendersi la responsabilità dell'eredità del boss.

Sarà anche in parte un'eredità morale, ma stiamo soprattutto parlando della possibilità di mettere le mani sul business sommerso dell'ex-boss corleonese, dal momento che a quanto pare ora lei sarebbe l'unica, secondo le tradizioni mafiose, in grado di farlo.

È indubbio che Lorenza non possa assolutamente assumere il potere di Cosa Nostra, sia per questioni di tradizione (Cosa Nostra è un'organizzazione tutt'altro che femminista) che per l'apparente mancanza di potere dello stesso Matteo Messina Denaro.

Persino Giuseppe Guttadauro, marito della sorella di Messina Denaro ed ex-capomafia di Brancaccio, era stato nominato da Giletti, nel suo programma di attualità, come potenziale erede del potere dell'ex latitante, ma viste la precedente analisi sul potere dell'ex latitante pare uno scenario troppo irrealistico per risultare degno di nota.

Il nuovo boss

Negli ultimi anni numerosi vecchi boss sono stati scarcerati per la conclusione della loro pena, motivo per cui si temono anche possibili incomprensioni tra la vecchia e la nuova generazione mafiosa.

Allo stesso tempo esistono alcuni nomi di possibili candidati alla carica da boss assoluto della cosca siciliana, nonostante molti di essi siano scomparsi o presentino numerosi questioni irrisolte.

Giovanni Motisi

Il primo in lista è Giovanni Motisi

Detto "'u pacchiuni" (il grasso), Giovanni Motisi attualmente ha 64 anni ed è considerato un vero e proprio "palermitano doc". È ricercato per omicidio, associazione mafiosa e strage.

Killer di fiducia dello stesso Riina, è definitivamente scomparso nel '99, dopo la festa di compleanno della figlia della quale abbiamo sue foto con le pareti nascoste da lenzuoli bianchi, per non fare riconoscere il luogo della festa.

Il suo nome è presente nell'elenco dei quattro superlatitanti del programma speciale di ricerca del gruppo di investigatori italiani, di cui faceva parte anche Matteo Messina Denaro. Alcuni ipotizzano possa essere morto, altri credono sia stato espulso da Cosa Nostra dal boss Nino Rotolo.

Dalle dichiarazioni di Buscetta però risulta chiaro che "Da Cosa Nostra si esce solo con la morte e collaborando con la giustizia". Motisi forse è morto, ma sicuramente non è mai stato un pentito.

Detto questo, nonostante la sua vicinanza anche a Provenzano, pare difficile che possa prendere in mano il potere di Cosa Nostra.

Stefano Fidanzati

Stefano Fidanzati

Esponente settantenne della famiglia mafiosa dell'Arenella, operativa tra Palermo e Milano, libero dal 2018, potrebbe essere per alcuni il successore di Matteo Messina Denaro.

Tuttavia pare anche qui difficile, dal momento che si è sempre interessato molto di più agli affari (seppur illeciti) che alle operazioni mafiose, oltre al fatto che il suo punto di forza sarebbe il fratello Gaetano, morto nel 2013 e vicino all'ormai tramontato potere corleonese.

Settimino Mineo

Settimino Mineo

È qui dove la maggior parte dei fari puntano: il gioielliere del mandamento di Pagliarelli.

Come già spiegato precedentemente, sarebbe stato proprio lui l'eletto erede di Riina dopo la sua morte. Persino secondo Gaspare Mutolo, pentito collaboratore di Giovanni Falcone, le vecchie usanze vedrebbero proprio lui come nuovo boss, per questioni anagrafiche (Mineo è nato nel '38) e di rilievo.

Attualmente Settimino Mineo si trova al 41-bis nel carcere di massima sicurezza di Sassari, ma questo significa tutto e niente. Infatti, se è vero che il 41-bis dovrebbe esistere proprio per limitare la comunicazione dei boss con l'esterno, è anche vero che è veramente molto facile pensare alla corruzione e alla miriade di metodi con cui Mineo potrebbe controllare la piovra siciliana.

Basti pensare a Riina. È infatti vero che dopo la sua cattura sia stata necessaria la salita al potere di Provenzano, ma è anche vero che la vera riorganizzazione interna è iniziata dopo la sua morte, non con la sua incarcerazione…

Bisognerebbe davvero pensare all'effettiva efficacia del 41-bis, tanto acclamato quanto eludibile se con i giusti mezzi. Ne è un esempio una legge di qualche anno fa, che ora permette ai boss carcerati di "poter abbracciare" i piccoli parenti in loro visita… un facile escamotage per nascondergli nei vestiti pizzini e ordini.

Mille domande

Questi sono solo alcuni dei numerosissimi nomi che circolano tra le varie testate giornalistiche, ma analizzarli uno per uno potrebbe risultare più inutile che altro.

Quella che si può vedere è una Cosa Nostra cambiata, più nascosta e meno ostentativa. Non c'è più la grossa strage che fa tanto chiasso, il boss superlatitante dall'immenso potere che nessuno riesce a prendere.

Ora servono intere operazioni di indagine solo per capire chi sia il nuovo boss al potere, e chissà se ora la Direzione Investigativa Antimafia ha i fondi e il giusto appoggio da parte dello Stato per proseguire con Operazioni Cupola 3.0... 4.0... e così via.

E se lo stesso arresto di Matteo Messina Denaro fosse più una questione di immagine che altro? Un uomo debole, morente e ormai privo di potere, magari pure fastidioso per alcuni, consegnato alla giustizia per distogliere lo sguardo da un'organizzazione criminale che si mimetizza nel potere, che corrompe e che, forse, ormai ci fa vedere solo quello che le fa davvero comodo.

Queste sono solo supposizioni, ma siamo sicuri che non possano avere anche solo un briciolo di verità?

Quello che pare certo è che abbiamo di fronte un mondo che fa male e si nasconde, che mostra ma illude, che prende e finge di dare.

E chissà se un giorno, magari non troppo lontano da ora, un giovane intraprendente potrà permettersi di avviare una sua piccola attività libera da pizzo e minacce… Un mondo senza un super boss che ordina che il suo locale venga bruciato per non aver seguito le direttive…

Fantascienza? Forse, ma probabilmente fino a qualche mese fa lo era anche l'idea di arrestare il tanto discusso "U SICCU". Matteo. Messina. Denaro.